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al testo di Giovanni Rossato
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Respiro nella sera riesco a nuocere a me stesso vedo le ferite senza sentire dolore; è aspro il sapore della dignità delle luci e delle acque dei porti, sento ottusamente il tutto, colgo la parola che nasconde. Otto passi più in là il mondo si disvela senza sbalzi di umore non per ora, non qui. Esco a fumare: la pipa è vuota, la sigaretta già finita, l’asfalto troppo pulito. Mi sembra tu non esca mai lavori senza cercare, sei nata così confermi te stessa ad ogni passo, respiro mai greve. Resterò appoggiato al muro un’immagine che mi piace di me stesso. Notte, 2 settembre 2020 con il covid sempre lì, a un passo, e la terra che sembra non trovare più sé stessa, e gli uomini assenti a sé stessi già alle 7 di mattina, e nessuno sa più perché né dove si trovi l’uscita di emergenza (se ce n’è una). Vi prego, ci sono tutti i motivi per disperare ma non ne vale troppo la pena, sarebbe prendere le cose molto più sul serio di quello che meritano e si sarebbe davvero cattivi allora.
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Giovanni Rossato
- 06/09/2020 19:23:00
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Caro Salvatore, che dire? E tanto che mi leggi e mi apprezzi e riesci sempre a trovare qualcosa di interessante in una poesia come la mia che continua a cambiare e dove a volte produco cose delle quali io stesso faccio fatica a trovare giustificazione. Un grande grazie.
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Giovanni Rossato
- 06/09/2020 19:18:00
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Grazie Laura, il piacere di leggersi è reciproco e mi devo scusare se troppo spesso mi dimentico di manifestarlo.
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Giovanni Rossato
- 06/09/2020 19:17:00
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Si Francesca,in un mondo come questo solo frammenti di grandi storie. Per il covid? Cosa sia non lo so, mi limito solo a osservare che chi non ne è malato perlopiù ne è ubriaco. Grazie
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Salvatore Pizzo
- 04/09/2020 15:01:00
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Che dire, se non di quello spaesamento che ti piglia sin dai primi versi e che trova razionalità solo nella nota acclusa in calce? Si, la sento molto come uno specchio questa poesia. Uno specchio in cui rifletterci le proprie emozioni. Quelle dovute ad una situazione di pandemia che non ha eguali nella storia di questi ultimi decenni. Forse perché si era troppo confidenti nella scienza. E che questa fosse in grado di fare fronte prontamente ai problemi di salute generali come quelli rappresentati da una pandemia. Invece si sono rivelate tutte le lacune, al punto di dovere ricorrere ad una misura di prevenzione antica come quella del di stanziamento sociale. Un monologo interiore la definirei, questa poesia, costruita attraverso dei flashback che, attraverso delle immagini, arriva a determinare quel quadro di straniamento che dicevo allinizio. E siccome amo i monologhi interiori perché sono espressione di quella profondità dellanimo umano, dico che lho molto sentita, oltre che molto apprezzata.
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Laura Turra
- 04/09/2020 09:55:00
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Concordo appieno con il commento di Francesca. Ma tu, Giovanni, sai già che mi piace leggerti. Grazie
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francesca espositi
- 02/09/2020 22:41:00
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la tua è una buona poesia. Ha la frammentarietà che testimonia, almeno a mio avviso, di quel tanto o molto di autentica ispirazione che spinge a scrivere. Le immagini si giustappongono secondo una logica implicita che solo in te trova il loro legame e che nella forma scritta non giustifica se stessa se non nellarmonia complessiva che la rende animata e viva. Del covid, magari, parleremo in unaltra occasione. Ma senza disperazione, perché non serve. Grazie.
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